Dal libro "Isole di cultura"
Gressony/Greschoney -
Walser Gemeinschaft im Aostatal
I due comuni di Gressoney-La-Trinité (m 1637) e di Gressoney-Saint-Jean (m 1385) in Valle d'Aosta sono adiacenti e ricoprono un territorio di kmq 135,52. Essi si trovano al termine della Valle del Lys che inizia a Pont -Saint- Martin e finisce con il Monte Rosa (m 4633).
Il territorio di Gressoney è diviso in tre parti: Oberteil, Mettelteil e Onderteil.
Oberteil, la parte superiore, comprende il territorio della parrocchia di Gressoney -La- Trinité , Mettelteil, la parte media, comprende il territorio che va dai confini della Trinité' fino al capoluogo di Saint- Jean compreso, Onderteil, la parte inferiore, fino ai confini con il comune di Gaby.
Gressoney confina a nord con la Svizzera, a sud con il comune di Gaby, a est con la Valsesia, a ovest con la Val d'Ayas.
Il territorio di Gressoney è costituito da diverse frazioni e alpeggi e tutti hanno ancora una denominazione di origine tedesca.
Attualmente la popolazione di Gressoney -La- Trinité è di 302 abitanti e quella di Gressoney -Saint- Jean é di 801.
Greschòney-Saint-Jean: das Dorf
Prima della fine dell'VIII secolo non vi sono segnali di abitanti oltre i 1000 metri di altitudine.
Dall'VIII secolo gli alemanni che occupavano le valli inferiori del Reno e le Prealpi Svizzere risalirono l'Oberland Bernese e si affacciarono all'altipiano del Goms.
Incominciò così la colonizzazione tedesca dell'Alto Vallese (m 1200 - 1400 di quota) la più alta e straordinaria delle colonizzazioni alpine.
L'altitudine, il clima, le insidie, le valanghe, le difficoltà di collegamento posero problemi di adattamento e svilupparono la necessità di una minima autosufficienza agricola; l'allevamento del bestiame, la sola risorsa disponibile, richiese opere di disboscamento, canalizzazione delle acque, costruzione di sentieri e ponti. La conca di Goms, trasformatasi così in valle fertile, si popolò di rudi montanari che aumentavano di numero e non trovavano più i mezzi sufficienti per sopravvivere. Molti lasciarono allora i propri villaggi e seguendo l'attavico istinto di migrazione, portarono le loro esperienze in altre valli dove nessuno aveva mai tentato di abitare. Dall'alta valle di Goms si spostarono gradualmente nelle valli laterali al Vallese: alla sinistra del Rodano quella di Binn, del Sempione, del Saas verso il Colle del Monte Moro e quella di St. Niklaus, verso il Passo del Teodulo; alla destra del Rodano quella di Viesch e quella del Lötschental.
Il nuovo interesse verso lo sfruttamento della montagna sugli alti dorsali e l'istinto di emigrare portarono poi questa gente oltre le frontiere del Vallese. Questi montanari scesero dal Furkapass, termine della Valle del Goms, lungo la Valle del Reno: Reno anteriore verso il Graubünden, popolando alcune impervie valli laterali come la Val Medel, la Valsertal e la Safiental; Reno posteriore sino a Davos, Kloster e Arosa.
Successivamente si spostarono verso Triesenberg nel Liechtenstein ed il Vorarlberg ove due valli presero il nome dei primi abitanti, e cioè Grosswalsertal e Kleinwalsertal.
La migrazione verso l'Italia avvenne in un primo tempo attraverso il valico del Gries popolando Pomatt, l'attuale Val Formazza e la Valle Antigorio, ove sorse l'alta terrazza di Salecchio, poi attraverso il Sempione sino ad Ornavasso, il più meridionale stazionamento walser.
Attraverso il Colle del Monte Moro e il Passo del Teodulo i walser raggiunsero le testate delle valli a sud del Monte Rosa.
Questi primi colonizzatori, abitanti in comunità chiuse ed in luoghi senza traccia di precedenti popolazioni, a quota non inferiore ai 1000 metri si chiamano Walser, parola che deriva da Walliser cioè abitanti del Vallese.
I walser, nei loro primi stanziamenti erano per lo più servi della gleba legati ad un feudatario o ad un ordine ecclesiastico, ma presto si resero liberi.
Limitatamente a Gressoney e ad Issime i primi documenti ufficiali che dimostrano questi insediamenti sono:
il 9 gennaio 1218 nel castello di Quart (Valle d'Aosta), Giacomo della Porta di Sant'Orso riunì al suo capezzale il rappresentante del vescovo di Sion, il vescovo di Aosta e la nobiltà valdostana per dichiarare "di tenere tutto il feudo da lui posseduto nella valle sopra Issime, al di là del Lys, sino alla sommità dei monti, terre colte ed incolte, pascoli, boschi, prati e le alpi di Gressoney e Verdoby".
L'8 settembre 1377 un gruppo di una trentina di montanari abitanti nella zona di Orsio, a monte del capoluogo di Gressoney -La- Trinité, dichiararono, con atto notarile, redatto dal notaio Franqui François, in una casa in frazione Noversch: "... di aver tenuto e di aver ancora in feudo l'alpe di Orsio direttamente dal signor Ebal di Challand, al prezzo di otto fiorini d'oro di buon peso e sei libbre di burro all'anno, oltre quattro pecore ad anni alternati.".
Con il XVI secolo iniziò un peggioramento climatico che ebbe il suo punto culminante nel secolo successivo e durò, con fasi alterne, sino alla fine dell'1800.
I walser subirono gravi contraccolpi dalla nuova situazione climatica. L'avanzare del fronte dei ghiacciai interruppe le comunicazioni attraverso i valichi più alti, distrusse pascoli e colture, in qualche caso arrivò a compromettere le stesse abitazioni.
E' sufficiente un raffreddamento medio di un grado nell'arco di un ventennio perché un ghiacciaio riesca ad allungare il suo fronte di 300-400 metri.
Giunsero quindi i tempi in cui i walser emigrarono verso città e paesi della pianura.
Gli abitanti della Valle del Lys, chiamata poi Krämertal (valle dei mercanti) ritornarono verso città di lingua tedesca e cioè in Svizzera e nella Germania meridionale, ove esercitarono quasi esclusivamente l'attività di mercanti di tessuti sino all'inizio del 1900; il periodo aureo fu il XIX secolo. Dal 1900 gradatamente l'attività commerciale venne ridotta in quanto il nuovo mercato favorì gli abiti confezionati. I gressonari non si aggiornarono alla nuova attività commerciale. Con l'inizio del turismo cessò l'emigrazione dei giovani verso la Svizzera.
La prima guerra mondiale richiamò i giovani alle armi e questi, al loro ritorno, si dedicarono alle attività locali quali l'artigianato, l'attività turistico-alberghiera e agricola.
Il fascismo fece cessare l'insegnamento della lingua tedesca nelle scuole e l'interessamento per l'emigrazione.
Anche la seconda guerra mondiale richiamò alle armi i gressonari che al loro ritorno si dedicarono nuovamente alle attività locali e alle dipendenze delle industrie del fondovalle.
Dal 1950, con l'installazione dei primi impianti di risalita (sciovie, seggiovie e funivie) l'attività turistica d'élite estiva assunse carattere di turismo di massa sia estivo che invernale. Si crearono così nuovi posti di lavoro che non solo assorbirono i lavoratori locali, ma richiamarono lavoratori esterni. Attualmente non esiste emigrazione perché le attività locali assorbono tutta la popolazione lavorativa.
Greschòney-Saint-Jean: das Dorf
Dal XV fino al XIX secolo molti stranieri traversarono a piedi i paesi di lingua tedesca, trasportando sulle spalle la loro chrézò (una sorta di armadietto portatile) e andando dapprima di casa in casa e poi di fiera in fiera nella speranza di vendere la propria merce. Fra di loro vi erano numerosissimi commercianti originari del regno di Savoia. Si tratta infatti di una regione montuosa poco fertile, i cui abitanti prima dello sviluppo industriale erano costretti a lavorare all'estero.
Parecchi gressonari dovettero quindi cercare in terre lontane. Dopo aver valicato gli alti colli alpini, essi andavano di casa in casa svolgendo l'attività di mercanti. I prodotti che essi trasportavano a spalle erano stoffe per vestiti, biancheria, grembiuli, tessuti di seta, guanti e calze. Se avevano successo, essi erano soliti stabilirsi all'estero, dove fondavano negozi, soprattutto di stoffe per vestiti, lana e seta. L'attività di questi commercianti fu così sensazionale che già nel 1548 la valle di Gressoney, conosciuta anche come valle del Lys, venne chiamata Krämertal, ovvero "valle dei mercanti" . I gressonari possono naturalmente essere paragonati ai mercanti ambulanti di oggi: anch'essi, infatti, non erano ben visti. Soprattutto le corporazioni degli artigiani e dei commercianti erano sdegnati da questa concorrenza. I cittadini di Berna, per esempio, proposero nel 1531 che le cariche pubbliche fossero attribuite soltanto ai nati nella regione o nella città di Berna e non agli svevi e ai gristheneiren (gressonari) . Tali rimostranze testimoniano però del grande afflusso e dell'alto prestigio che i gressonari godevano in vari ambienti.
Grazie alla laboriosità, all'abilità e alla parsimonia di questi mercanti sorsero, nel corso degli anni, dei fiorenti negozi gressonari a Zurigo, Winterthur, Weinfelden, Frauenfeld, Wil, Lichtensteig, San Gallo, Lucerna e Goldau. Lo stesso accadde nella Germania meridionale: Costanza, Kempten, Krozingen, Wangen, Ravensburg ed Augsburg. L'attività dei gressonari nel sud della Germania è descritta nell'opera del Dott. Karl Martin "Schau ins Land" degli anni 1935, 1938/39 e 1955 . Il gran numero di stabilimenti gressonari in Svizzera e nella Germania Meridionale è una chiara prova della sorprendente forza di espansione tipica dei gressonari, soprattutto se si considera che i due Gressoney messi insieme non ebbero mai più di 1200-1300 abitanti. Questa spinta verso paesi lontani, caratteristica dei popoli germanici, non prevalse mai sull'attaccamento alla terra d'origine. Durante i corti mesi estivi la maggior parte di coloro che erano emigrati facevano ritorno a casa, dove c'erano ad aspettarli la moglie ed i figli e dove la famiglia appena riunita si dedicava alla fienagione. Nella vecchiaia anche coloro che si erano stabilmente insediati all'estero erano presi dalla nostalgia del paese natio che essi chiamavano ellené. Se non erano sposati con una donna svizzera essi si ritiravano quindi dagli affari, affidando le loro fiorenti aziende ai propri figli o a dei giovani parenti che li avevano raggiunti all'estero e tornavano fra le loro amate montagne per trascorrervi il resto della loro vita e per essere sepolti nella terra d'origine.
Verso la fine dell'estate questi uomini, che non temevano alcuna intemperia, tiravano fuori i loro armadietti portatili, esaminando l'imbottitura della parte esterna dello schienale e gli spallacci di cuoio e verificavano la chiusura dello scomparto segreto dove veniva conservato il denaro. Quando poi prendevano in spalla le loro chréze, accomiatandosi per quasi un anno dalla moglie e dai figli per intraprendere coi propri compagni la marcia attraverso la Svizzera e la Germania del sud, essi assomigliavano molto ai numerosi mercanti ambulanti del Veneto, del Milanese e della Savoia che ogni anno emigravano in cerca di fortuna. Tutti insieme venivano chiamati "Italiani oppure "mercanti di lingua neolatina" o, in senso generale, anche "savoiardi". Frequente è inoltre il nome Augstaler, che indica chi, come i gressonari, proviene dall'Aostatal o Augstal (Valle d'Aosta) e dalle sue valli laterali.
Nell'archivio comunale della città di Schwyz si trova una petizione del 1516, presentata dai mercanti e commercianti del posto ai messaggeri della confederazione. A proposito dei mercanti forestieri si legge quanto segue: "Sono in molti che con la loro roba vanno di villaggio in villaggio, di fattoria in fattoria e di casa in casa, valicando addirittura montagne ed attraversando valli. Nessuna abitazione è al sicuro; essi la invadono coi loro servi e coi loro apprendisti. Molti ne hanno addirittura tre o quattro a testa. Non esitano nemmeno a chiedere l'elemosina, vivendo quindi a spese della povera gente per bene del paese, e non spendono neppure un centesimo in un'osteria . I commercianti del luogo proposero di accordare la residenza a questi forestieri con moglie e figli, affinché anch'essi avessero i loro stessi doveri e le loro stesse tasse. Si pretese inoltre che gli immigrati presentassero un certificato, rilasciato dalle competenti autorità del loro paese d'origine, che comprovasse la loro onestà".
Ma il 13 gennaio 1517 la dieta di Zurigo rifiutò la tanto desiderata soluzione di questo problema. I forestieri importavano sempre nuovi modelli, avevano un occhio attento alle richieste e alle necessità della loro clientela e sapevano far nascere dei nuovi bisogni. Per questo motivo la gente delle campagne ed anche gli abitanti delle città credevano che la merce dei commercianti stranieri fosse migliore e meno cara di quella dei loro connazionali. Per le autorità finanziarie i mercati esteri, dai quali esse percepivano le tasse doganali, rappresentavano una buona fonte di guadagno. La concorrenza provocata dai mercanti stranieri si rivelava inoltre un'ottima possibilità di comprimere i prezzi dei commercianti del posto. Ciononostante, i continui attacchi dei venditori locali ottennero certe limitazioni del commercio straniero. Sebbene i mercanti ambulanti stranieri avessero all'inizio piena libertà d'azione sia in campagna che in città, col passare del tempo fu vietata loro la partecipazione ad alcuni mercati cittadini. Ma questi stranieri, particolarmente flessibili, seppero sempre trovare una via d'uscita. Certi tentarono di aggirare o addirittura violare i decreti. E' chiaro che essi ebbero sovente successo, altrimenti non sarebbe stato necessario attirare ripetutamente l'attenzione su questi divieti per quasi 300 anni. Altri mercanti sfruttarono invece una circostanza particolarmente propizia. Nel XIV e nel XV secolo molte piccole e grandi località avevano infatti ottenuto il diritto di organizzare delle fiere annuali, alle quali prendevano parte anche i mercanti immigrati che non si limitavano quindi più ad andare di casa in casa e di villaggio in villaggio. Quando le scorte di merce iniziavano a scarseggiare, si rifornivano presso uno dei loro depositi installati in vari luoghi, sovente all'interno delle osterie. Siccome questi mercanti di solito non lavoravano da soli, bensì fondavano con figli, fratelli e altri parenti una piccola società commerciale sull'esempio delle associazioni familiari di chiara origine germanica, essi potevano aiutarsi a vicenda quando si trovavano in difficoltà. Erano quindi anche in grado di offrire una più ampia scelta di prodotti e soddisfare le più svariate esigenze dei loro clienti, in quanto il contenuto di parecchi armadietti portatili formava una sorta di piccolo magazzino, dove si trovava pressoché qualsiasi cosa. Quando l'invidia delle corporazioni fece sì che i mercanti fossero autorizzati a vendere stoffe di seta, tessuti di lino e traliccio ma no stoffe di lana e fustagno per le quali invece i commercianti di panni avevano l'esclusiva , la società commerciale dei forestieri si divise: gli uni vendevano stoffe di seta ai mercanti e gli altri la lana ai commercianti di panno. Dopo il mercato, il denaro guadagnato separatamente confluiva comunque in una cassa comune.
Altri ancora si stabilirono in diverse località, sovente in piccole città dove l'influsso del ceto mercantile non era ancora forte, ottennero con varie difficoltà la cittadinanza o l'accesso ad una corporazione e svolsero poi un mestiere, diventando artigiani, gestendo un'osteria oppure, come spesso accade, aprendo un negozio e partecipando regolarmente alle fiere annuali in tutto il paese.
Il loro pragmatismo li spinse a cercare l'appoggio delle famiglie nobili e ricche. Se sposavano delle donne svizzere erano attenti nella loro scelta e prendevano come testimoni nuziali e come padrini di battesimo per i propri figli dei notabili, dei dirigenti di corporazione, dei consiglieri e dei sindaci.
Taluni sposarono una vedova con un negozio, iniziando quindi un'attività di lavoro indipendente. Queste diverse fasi che portarono il mercante ambulante a diventare un commerciante benestante con domicilio fisso si ripetono incessantemente per quasi 400 anni.
Qui di seguito vengono riportati due brevi episodi raccontati da C. Scaler (morto nel 1996) riguardanti un commerciante, consocio in un negozio di stoffe di Winterthur. Ogni stagione era solito risiedere per 14 giorni a Küsnacht sul Rigi, nell'hotel Hirschen di proprietà della famiglia Erler. Nel ristorante si riservava un tavolo dove esponeva la sua collezione di modelli. Da tutte le parti affluivano contadini e cittadini per ammirare la sua collezione e prenotare le stoffe. Alla domanda se dovessero pagarlo immediatamente, rispondeva che i debiti potevano essere saldati la prossima volta (vale a dire la stagione successiva). I gressonari accordavano ai loro clienti sei mesi di credito e ciò veniva annotato anche sui conti.
Poteva succedere che durante una visita ad un cliente il rappresentante di commercio gressonaro ripartisse accompagnato da un bambino che aveva il compito di condurlo da dei parenti, affinché anch'essi potessero approfittare dei vantaggiosi acquisti.
Le fatiche legate al commercio ambulante in tutto il paese si ridussero con il tempo, grazie alla costruzione della ferrovia. L'attività commerciale dei gressonari in Svizzera raggiunse il suo culmine 100 anni fa quando l'istituzione dell'amministrazione postale svizzera rese possibile l'invio di pacchi postali. Da quel momento in poi i "Kramer" si servirono di modelli di collezione quanto facevano visita ai clienti. La merce ordinata poteva quindi essere spedita per posta. A quel tempo ci furono frequenti unioni di mercanti che diedero origine a grandi società commerciali. Ne sono chiari esempi i Thedy, i Bieler-Menabrea a Winterthur, gli Schwarz e i Bieler a Lucerna, i Mehr, i Lorenz e i Welf a Lichtensteig. L'emigrazione conobbe un periodo di grande splendore. Nel corso di un congresso tenutosi a Küssnacht SZ fu infatti possibile individuare circa 300 gressonari risiedenti in Svizzera. Sebbene essi fossero molto uniti, divenne sempre più difficile ottenere l'autorizzazione ad aprire nuovi negozi. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale segnò il declino del commercio gressonaro. Inoltre furono fondati molti grandi magazzini che rappresentarono una concorrenza pressoché incontrastabile. L'inversione di gusto della gente, che portò alla predilezione di tessuti a buon mercato, fu la rovina del commercio delle stoffe.
(Im Krämertal/Nella Valle dei mercanti von F. Gysling, Wir Walser 1/1968)
La Nascita
Quando nasceva un bambino, la famiglia organizzava il battesimo poiché questo avveniva entro i primi quindici giorni di vita.
Il neonato veniva portato in chiesa e tenuto in braccio non dalla madrina, ma da un'altra donna, generalmente la levatrice oppure un'amica di famiglia. La madrina indossava il costume tradizionale, il padrino un abito scuro, il neonato veniva coperto da un panno rosso con decorazioni simboliche. Terminata la funzione religiosa, il padrino portava a casa e consegnava alla madre, ancora acceso, il cero battesimale che veniva conservato e riacceso solo in particolari circostanze (matrimonio e morte).
Alla fine della cerimonia, alla quale non avevano partecipato i genitori, si svolgeva un pranzo al quale era presente sempre il parroco.
Fidanzamento e matrimonio
Stabilita la data del matrimonio, la coppia si recava prima in municipio e poi in parrocchia per lo scambio delle promesse che avveniva sempre al sabato pomeriggio.
Alla vigilia delle nozze e solo verso sera, allo sposo era concesso di fare una breve visita alla sposa, accompagnato da un parente o da un amico, perché se fosse stato solo, secondo un'antica superstizione, lo spirito maligno avrebbe potuto tentarlo.
All'alba seguente coscritti ed amici facevano esplodere i mortaretti, gli spari svegliavano lo sposo.
Le nozze venivano celebrate sempre al mattino e per un certo periodo di tempo prima con il rito civile e poi con quello ecclesiastico.
La prima colazione si consumava in casa della sposa, sul finire di essa la sposa porgeva una pagnottella ornata da un fiore alla ragazza che sarebbe stata la prima a seguire il suo esempio.
Il corteo era formato da bambini con mazzi di fiori, lo sposo al braccio della mamma, la sposa al braccio del papà (in mancanza dei genitori con la madrina ed il padrino).
Prima di uscire dalla chiesa, la sposa si accostava all'altare della Madonna offrendoLe un mazzo di fiori. All'uscita non si gettava il riso perché questo era scarso. Una visita al cimitero era d'obbligo.
Un rito caduto in disuso: la domenica successiva la nuora veniva accompagnata dalla suocera in chiesa al banco di famiglia, posto che la nuora da quel giorno avrebbe sempre occupato durante le funzioni.
Morte
Quando moriva un adulto egli veniva vestito con il suo abito più bello e posto sul suo letto nella camera ornata di fiori e di quadri sacri.
A notizia diffusa, giungevano e ancora oggi giungono, parenti, amici e conoscenti per sostare in preghiera presso lo scomparso e per porgere le condoglianze ai famigliari; entrando ed uscendo dalla stanza recitano: "Gelobt sei Jesus Christus" ("Sia lodato Gesù Cristo") e chi è nella camera risponde: "En d'éwégkeit" ("In eterno").
A tutti viene offerto un caffè, o un bicchiere di vino, o un liquore con qualche biscotto nel ricordo del defunto. Questa usanza deriva dal fatto che coloro che giungevano al capezzale del defunto provenivano da frazioni lontane con sentieri spesso innevati e difficili da percorrere. Alla sera si recitava il rosario in lingua tedesca.
Nella notte il defunto non veniva lasciato solo ma a turno amici e conoscenti lo vegliavano.
Il funerale avveniva generalmente due o tre giorni dopo e lo scomparso veniva depositato nella bara solo allo scoccare della mezzanotte del giorno precedente al funerale stesso: a quell'ora passa la processione dei morti per accompagnare l'anima alla dimora eterna.
La funzione aveva luogo sempre al mattino, il feretro posato davanti all'abitazione, veniva asperso di acqua benedetta con il segno della croce e poi il corteo funebre si avviava alla chiesa, la cassa veniva portata sulle spalle dai coscritti e dagli amici.
Raramente la vedova o il vedovo partecipavano al funerale del loro congiunto e la domenica successiva l'intera famiglia frequentava la messa. Ogni domenica, per la durata di un anno, il parroco, prima di celebrare la funzione sostava davanti al banco di famiglia dei defunti recitando il "De Profundis".
In memoria dello scomparso, se questo era di famiglia contadina, i famigliari regalavano, ogni lunedì, circa un litro di latte ad un vicino bisognoso.
Quando moriva un bambino venivano immediatamente avvertiti la madrina e il padrino. Al funerale le donne che accompagnavano l'angioletto si coprivano il capo con un foulard bianco; molta gente partecipava alla funzione con dolore, ma con devozione, tanto che si diceva che per accompagnare un angioletto in paradiso valesse la spesa di consumare un paio di scarpe.
L'anno nuovo
Per festeggiare l'arrivo dell'anno nuovo in ogni casa si fanno i chiechené, dolci tradizionali preparati con farina, zucchero, uova, scorza di limone, panna e grappa, che si offrono a coloro che vengono ad augurare il buon anno.
Durante la notte del 31 dicembre giovani e adulti cantano di casa in casa il caratteristico inno "Neujahrslied", i giovani ricevono un bacio dalle ragazze e gli adulti si fermano a consumare un buon spuntino.
Al mattino del primo gennaio i bambini passano di casa in casa ad augurare il buon anno ripetendo la frase: "Es guez nus joar wéntschtò òn Gott gäbtòs" ("Vi auguro un buon anno e che il Signore ve lo conceda"). I ragazzini ricevono la strenna in denaro.
L'Epifania
Alla vigilia dell'Epifania c'era un'usanza oggi scomparsa: le ragazze si riunivano, ed attraverso l'interpretazione di semplici simboli disegnati su pezzetti di carta, traevano pronostici sul loro futuro. Tra una previsione e l'altra, attendevano i giovanotti che verso mezzanotte sarebbero venuti a cantare un inno in dialetto tedesco, il Drichénégslied.
Il Carnevale
Durante i giorni di Carnevale si fanno scherzi e si sta allegri per interrompere la monotonia del lungo inverno.
Il giovedì grasso in molte case si mette sul focolare una grossa pentola con carne, salame, lardo, verso mezzogiorno i buontemponi organizzano il "furto della pentola", alcuni di loro distraggono la donna di casa con qualche stratagemma e gli altri asportano velocemente il recipiente con tutto il contenuto. Se lo scherzo riesce, gli ideatori consumano gratuitamente un buon pranzo. La pentola viene restituita regolarmente.
Il venerdì nero si sporca con fuliggine o carbone di legna il viso delle persone che si incontrano.
Il sabato bagnato si lavano con acqua o con neve le persone che il giorno precedente sono state tinte.
Nella domenica si svolge un ballo in maschera.
Nulla di particolare avviene durante la Quaresima e la Pasqua; si osservano regolarmente il digiuno e i riti ecclesiastici.
Dopo Pasqua si va in chiesa a prendere l'acqua benedetta che si tiene a portata di mano per ogni eventualità, o per la benedizione di una sposa, o di un morto, o per un battesimo in extremis e si attende la visita del parroco per la benedizione della casa.
Maggio: mese della Madonna nel quale, soprattutto le donne, alla sera, si recano nella cappella frazionale o in chiesa a recitare il rosario.
Sul calendario nel mese di maggio si incontrano alcuni santi che richiamano la meteorologia:
San Filippo e San Giacomo prevedono una forte gelata;
San Pancrazio, San Servizio, San Bonifacio e Santa Sofia, chiamati santi del ghiaccio, prevedono giorni freddi.
Il giorno della Santissima Trinità a Gressoney -La- Trinite' è festa patronale e si svolge la messa seguita dalla processione con tutte le donne in costume.
Il giorno di San Bernardo (15 giugno) avviene il trasferimento del bestiame dalla stalla invernale agli alpeggi.
Il giorno di San Giovanni (24 giugno), a Gressoney -Saint- Jean, è festa patronale. La sera precedente si accendono, in diverse frazioni e su alture particolari, dei falò, il giorno successivo dopo la messa solenne, si tiene la processione alla quale tutte le donne partecipano in costume, i bimbi di un anno vengono portati vicino all'altare per la benedizione. All'offertorio si porta in chiesa un agnellino, a volte anche due o tre, questo é un gesto simbolico di chi ha fatto un voto, l'importo ricavato dalla vendita all'asta dell'agnellino viene devoluto in offerta al parroco per le necessità della parrocchia.
Il giorno di San Pietro e San Paolo (29 giugno) i contadini che hanno affidato le loro mucche ad un alpigiano per la stagione estiva salgono sull'alpe per pesare il latte delle due mungiture giornaliere di ogni mucca, in base al peso é consuetudine riconoscere all'alpigiano per il mantenimento e la cura della mucca, tre litri di latte, la rimanenza viene pagata secondo accordi convenuti.
La prima domenica di luglio era dedicata all'arrivo dei falciatori che giungevano generalmente da Challand, Montjovet, Verrès. Partivano all'alba dai loro paesi e dopo aver attraversato il colle della Ranzola raggiungevano la piazza superiore di Gressoney -Saint- Jean, depositavano i loro attrezzi nei pressi della casa Thumiger in attesa di incontrare i loro temporanei datori di lavoro.
Il 2 luglio, giorno della Visitazione, é ritenuto importante per quanto riguarda il tempo, se è bello dura quaranta giorni, se è brutto anche, tutti sperano dunque di vedere splendere il sole perché in tal modo é facile e proficuo fare la fienagione e si prevede una buona stagione turistica.
Il 15 agosto, giorno dell'Assunzione, è festa solenne. Dopo la messa si svolge la processione; la statua della Madonna viene portata dalle diciottenni e seguita dalle donne vestite in costume.
La fine di agosto introduce l'autunno ed un proverbio locale dice: "Ougschte foad herbscht ém groad, ougschte livrò herbscht en der Lysò" ("Ai primi di agosto l'autunno è in vetta, ma alla fine già il Lys lo aspetta").
Il giorno di San Michele (29 settembre) le mucche scendono dall'alpeggio.
A fine ottobre cessa il pascolo e le mucche vengono ritirate nelle stalle seguendo un segno zodiacale propizio.
I gressonari da sempre hanno un culto particolare per i defunti, durante la funzione del primo novembre la chiesa è gremita come non mai. Era abitudine suonare le campane tutta la notte; il mesto suono della campana voleva dire ai morti: "Non siete stati dimenticati". Un tempo ogni famiglia lasciava sul tavolo una pietanza, generalmente le castagne, affinché i loro defunti nella notte potessero simbolicamente consumarle.
Con l'inizio dell'inverno si organizzavano le veglie. Gruppi di famiglie della stessa frazione si riunivano e nel tepore della stalla illuminata da un fioco lume a petrolio lavoravano e chiacchieravano. C'erano molte cose da preparare per le feste e per l'attività lavorativa estiva, si filava la lana, si cuciva, si lavorava a maglia, si riadattavano capi di vestiario e si facevano le pantofole.
Quasi in ogni famiglia si uccideva un maiale per la sua carne, per il lardo e per fare salami che venivano affumicati e consumati durante tutto l'anno. In questa occasione si prendevano in considerazione la fase lunare e il segno zodiacale. L'uccisione dell'animale avveniva infatti con luna calante accompagnata dalla bilancia, o dalla vergine, o dai gemelli.
Nello stesso periodo in ogni frazione si faceva il pane per tutto l'anno, anche in questa occasione veniva tenuto conto della fase lunare, luna crescente. Prima di tagliare il pane era uso, con il medesimo coltello, segnarlo con una croce.
Il giorno di San Nicola (6 dicembre) è festivo per i bambini perché questo santo porta loro i doni. Alla vigilia, dopo la scuola, i bambini vanno di casa in casa lasciando un bigliettino con il proprio nome. I bigliettini vengono messi in una scodella, nella quale San Nicola, nella notte, mette noci, una mela, dolciumi. Lo stesso bigliettino viene messo anche in casa e qui talvolta oltre a quanto sopra, viene aggiunta una verga se nel corso dell'anno il bambino é stato disubbidiente. Siccome San Nicola era accompagnato da una asinella spesso versava nella scodella anche il latte.
Nulla di particolare per la ricorrenza del Natale salvo il presepio vivente in dialetto.
Greschòney-La-Trinité: Prozession zum Kirchweihfest
L'idioma walser, che nella sua stabilità fondamentale ha conservato le sue antiche radici, è il segno distintivo dei walser.
A Gressoney il titsch è conservato grazie alla continuità dei rapporti economici e culturali attraverso i Krämer, che emigrando in Svizzera e nella Germania, mantennero i contatti con il loro paese di origine.
Nelle scuole di Gressoney si insegnava a leggere e a scrivere in tedesco; l'italiano venne introdotto solo dopo il 1870 quando l'istruzione pubblica venne regolata dalle disposizioni del governo italiano.
Nei censimenti del 1901 e del 1921 risulta che più del 90% degli abitanti di Gressoney parlava abitualmente il titsch.
Nel 1979 risultava che solo più circa il 40% della popolazione parlava questo dialetto.
Oggi la percentuale si aggira intorno al 35%, diverse sono le famiglie nelle quali tutti i componenti parlano il titsch. I motivi per cui il titsch sta perdendo terreno sono:
- I programmi radiofonici e televisivi unicamente in lingua italiana;
- i turisti con i quali si deve parlare italiano (pochi sono i turisti di lingua tedesca);
- i matrimoni con persone non della comunità.
I comuni walser in Valle d'Aosta si sono distinti in passato anche nel campo dell'istruzione popolare.
Nel 1682 a Gressoney -Saint- Jean venne fondata la prima scuola ad opera del reverendo Bieler.
Nel 1691 a Gressoney -La- Trinité venne fondata una scuola nella frazione Selbsteg ad opera del reverendo Netscher.
Nel 1732 a Gressoney -La- Trinité venne fondata la scuola nel capoluogo ad opera del reverendo Vuillermin.
Nel 1748 a Gressoney -Saint- Jean venne fondata una scuola in frazione Trinò amministrata dal consiglio dei capifamiglia delle frazioni interessate.
Nel 1806 a Gressoney -Saint- Jean, frazione Obre Chaschtal venne fondata la Scuola Mercantile Rial per volontà testamentaria della signorina Caterina Rial che lasciò il suo patrimonio per l'istituzione di una rettoria affinché il sacerdote titolare tenesse un corso di istruzione. La sua intenzione fu quella di indirizzare i giovani all'attività commerciale perché riteneva tale attività il mezzo più sicuro di sostentamento per la popolazione del suo paese.
Nelle scuole si insegnò solo la lingua tedesca.
Dopo l'unità d'Italia le scuole divennero statali, rette da insegnanti diplomati nominati dal Provveditorato agli studi. Venne introdotto l'insegnamento della lingua italiana unitamente a quella tedesca ma, dopo l'avvento del fascismo, quest'ultima venne soppressa.
Dal 1946, con l'istituzione della Regione Autonoma della Valle d'Aosta, nelle scuole elementari, venne insegnata la lingua francese e il tedesco ritorna facoltativamente.
Nel 1972 furono soppresse le scuole nelle frazioni e gli alunni concentrati nei capoluoghi.
Nel 1946 a Gressoney -Saint- Jean venne istituita, per iniziativa del Comune, una scuola privata comunale di avviamento commerciale, poi trasformata in scuola media e riconosciuta dal Ministero della Pubblica Istruzione nel 1969, per diventare Scuola Media Regionale nel 1984. In tale scuola veniva impartita la lingua tedesca come materia facoltativa.
L'insegnamento del tedesco è stato garantito con la Legge Costituzionale del 12/06/1993.
La chiesa di Gressoney -Saint- Jean fu eretta nel 1515 nel capoluogo e consacrata a parrocchia nel 1660. La chiesa di Gressoney -La- Trinité fu edificata nel 1671 sui resti di una vecchia cappella e divenne parrocchia nel 1686.
Dal 1660 al 1883 tutti i parroci a Gressoney nacquero dalla popolazione locale e la loro lingua ufficiale fu il tedesco nella confessione, nelle preghiere e nell'insegnamento del catechismo. Prima di allora vi furono spesso delle lagnanze da parte degli abitanti di Gressoney i quali avevano bisogno di un parroco che capisse la loro lingua, soprattutto per le confessioni; senza contare che nei mesi invernali, capitava di dover seppellire i defunti senza l'estrema unzione perché il parroco da Issime non poteva giungere in loco per via della neve.
Vi sono documenti del 1412 e del 1567, presso il vescovado di Aosta, che testimoniano la presentazione di suppliche da parte dei fedeli di Gressoney.
Greschòney: Weiden
La salvaguardia delle caratteristiche e tradizioni linguistiche e culturali delle popolazioni walser in Valle d'Aosta è regolata con Legge Costituzionale pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 21/06/1993 che all'art. 2 così recita:
"Dopo l'art. 40 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta, approvato con Legge Costituzionale 26/02/1948, n° 4, è inserito il seguente:
"Art. 40 bis. - Le popolazioni di lingua tedesca dei comuni della Valle del Lys individuati con legge regionale hanno diritto alla salvaguardia delle proprie caratteristiche e tradizioni linguistiche e culturali. Alle popolazioni di cui al primo comma è garantito l'insegnamento della lingua tedesca nelle scuole attraverso gli opportuni adattamenti alle necessità locali."".
In applicazione di tale legge il Consiglio Regionale della Valle d'Aosta con propria legge del 19/08/1998, n° 47, ha stabilito finalità e principi per la sua attuazione.
Con decreto del Presidente della Giunta Regionale n° 50 del 05/02/1999 è stata istituita la Consulta Permanente per la salvaguardia della lingua e della cultura walser di cui alla precedente legge regionale.
Das Walser Studien und Kulturzentrum des Aostatals mit Sitz in Gressoney Saint Jean wurde mit öffentlichem Akt des Notars Favre am 26.11.1982 gegründet.
Der Zweck dieses Zentrums ist:
a) Begünstigung und Förderung der öffentlichen und privaten Zusammenarbeit zum Zwecke des Studiums, der Forschung, der Beibehaltung und der Verbreitung der Walser Sprache;
b) Forschung und Dokumentation über das Leben, die Kultur und das Brauchtum der Walser;
c) Gründung eines Museums, eines Archivs und einer Bibliothek;
d) Bereitstellung eines Wörterbuches der Walser Sprache (titsch und töitschu),
e) Anregung und Förderung zur Veröffentlichung und Verbreitung von Werken in Bezug auf die Tätigkeiten, das Leben und die Forschung über die Walser;
f) Organisation und Förderung von Studien und Treffen.
Die Walser Bibliothek wurde durch das Regionalgesetz Nr. 28 vom 17.06.1992 ermöglicht und 1994 in Gresssoney Saint Jean eröffnet.
Die Bibliothek Walser sammelt und bewahrt Bücher, Zeitschriften und andere Informationsquellen auf, die sich auf die Kultur der Walser Bevölkerung beziehen, wertet die Bestände des Walser Kulturzentrums aus und ermöglicht die Einsicht in die Sammlungen des Archivs.
In Anlage eine Bibliographie einiger der veröffentlichen Werke verschiedener Autoren wie »Gressoney und Issime – die Walser im Aostatal«, herausgegeben vom Walser Studien und Kulturzentrum, gedruckt 1986 von den Industrie Grafiche Musumeci di Quart (AO), sowie eine Liste der Schriften des Prof. Peter Zürrer.
Einige Veröffentlichungen von 1986 bis heute:
Verschiedene Autoren: »Gressoney e Issime i Walser in Valle d’Aosta«, Musumeci, Quart, 1986;
Ludwig Von Welden, »Il Monte Rosa«, Fondazione Monti, Anzola d’Ossola, 1987;
Julius Studer, »Le colonie tedesco vallesane e walser delle Alpi«, Fondazione Monti, Anzola d’Ossola, 1988;
Horace Bénédict De Saussure, »Viaggi intorno al Monte Rosa«, Fondazione Monti, Anzola d’Ossola, 1989;
Enrico Rizzi, »Fonti per la storia degli insediamenti walser«, Fondazione Monti, Anzola d’Ossola, 1991;
Franca Faranda, »Le minoranze linguistiche italiane«, Luisi Editore, Rimini, 1990;
Tersilla Gatto Chanu, »Leggende e racconti della Valle d’Aosta«, Newton Compton Editori, Roma, 1991;
Verschiedene Autoren und Photographien von Carlo Meazza, »Monte Rosa«, Jaca Book, Milano, 1992;
Lorenzo Ferretti, »Nos Ancetres«, Musumeci, Quart, 1992;
Elisa Farinetti e Pierpaolo Viazzo, »Giovanni Gnifetti e la conquista della Signalkuppe«, Tipografia Crespi, Vittuone, 1992;
Erika Hössli e Kurt Wanner, »Uber alli Grenzä Walser Dialekttexte«, Verlag Bundner, Monatsblatt, 1992;
Elena Ronco »I Walser di Pietre Gemelle«, Tipografia Crespi, Vittuone, 1993;
Paolo Sibilla, »Scambi e trasferimenti tra commercio e cultura nell’arco alpino occidentale«, Walser Kulturzentrum, Gressoney Saint Jean, 1993.
Reinhold Messner, Enrico Rizzi, Luigi Zanzi, »Il Monte Rosa la montagna dei walser«, Fondazione Monti, Anzola d’Ossola, 1994;
Lino e Laura Guindani, »Gressoney Walserdorf«, Edizioni Guindani, Gressoney Saint Jean, 1998;
Davide Camisasca, »Vallée d’Aoste entre le ciel et la terre«, Lerch Editore, Gressoney Saint-Jean, 1999;
Teresio Valsesia e Franco Restelli, »Walser il fascino il mistero«, Macchione Editore, Azzate, 1999;
Verschiedene Autoren, »Alagna Valsesia una comunità walser, Valsesia Editrice, Borgo sesia, riedizione 1999;
Marisa Ciocca, »Sapore di passato, sapore di antiche e autentiche villeggiature«, Edizioni Cervino, Chatillon, 2001;
Giovanni Thumiger, »Die Krämer«, Arti Grafiche Duc, Saint Christophe, 2002;
Enrico Rizzi, Luigi Zanzi, »I Walser nella storia delle Alpi«, Jaca Book, Milano, 2002;
Giuseppe Mario Scalia – Zentralbüro des Innenministeriums für die Probleme der Grenzgebiete und der Minderheiten:
1995 – Erster Bericht über die kulturellen Aspekte der Minderheiten;
1997 – Aspekte der Traditionen und des Brauchtums der Walser;
2001 – Minderheiten: ein europäischer Reichtum